lunedì 15 maggio 2017

L'angelo della morte (Amanita verna)

 Bianco in tutte le sue parti, l'Amanita verna è un fungo bellissimo, tanto bello quanto pericoloso. Caratteristica fondamentale per il riconoscimento sono le lamelle bianche e la volva molto grossa a forma di sacco e che ricopre una base del gambo bulbosa… ma che se non si sta attenti e non si estrae con delicatezza rimane interrata al momento della raccolta. Confondibile con Agaricus sp, che hanno il colore delle lamelle rosate che diventano presto scure. Bisogna fare molta attenzione un eventuale errore potrebbe essere fatale. Cresce nei boschi termofili, più frequentemente sotto latifoglie, ma non disdegna le conifere. Amanita verna è un fungo velenoso mortale, responsabile di causare la Sindrome falloidea. Alcuni autori riconoscono Amanita verna var. decipiens, caratterizzata da una diversa reazione al KOH (giallo vivo!) che sarebbe la varietà che si trova nei boschi della provincia di Roma, almeno tutte le prove eseguite dal sottoscritto sono risultate positive. 

Sindrome falloidea  

   Tra gli avvelenamenti potenzialmente mortali occupa il primo posto come frequenza, anche se probabilmente non è la più pericolosa. La dose letale per un uomo adulto di peso medio è soltanto di 50 grammi di Amanita verna fresca, per un bambino la dose è di appena 20 grammi. Contengono molte sostanze velenose, ma il danno è imputabile alle amanitine. 

   Il primo impatto è con l'apparato gastroenterico, sempre con una latenza non inferiore alle 8 ore, i sintomi sono: senso di pesantezza, nausea, vomito incoercibile, violenti dolori addominali e diarrea coleriforme con scariche frequentissime. Diarrea e vomito non permettono al paziente di reintrodurre i liquidi che si perdono. Fino a qualche anno fa le scarse conoscenze della patologia portavano spesso alla morte del paziente, oggi l'introduzione della reidratazione forzata permette di correggere lo shock ipovolemico ( causato dalla diminuzione acuta della massa sanguigna circolante, causata da forte perdita di liquidi ) e l'eliminazione delle amanitine circolanti. La seconda fase è dovuta all'azione tossica dell'amanitina sulle cellule epatiche dove provoca la necrosi cellulare. Si ha anche una disfunzione renale, che generalmente evolve positivamente, ma il danno maggiore è a carico del fegato. In passato il tasso di mortalità era molto elevato tra il 50% e l'80 % ma con la risoluzione del problema dello shock ipovolemico questa percentuale si è ridotta drasticamente ed oggi si assesta intorno al 7% ( fonte CAV Centro Anti Veleni di Milano ). Vista la gravità la terapia deve essere ospedaliera e iniziata il più precocemente possibile, si attuano diverse tipi di terapie combinate tra loro ( lavanda gastrica, carbone vegetale attivato, assunzione di liquidi per garantire un'adeguata volemia ovvero il volume di sangue circolante nel corpo ) questo combinato di terapia è detta diuresi forzata e si è rivelata la migliore arma terapeutica. Nei casi più gravi può essere necessario il trapianto di fegato.


Enzo Ferri

 

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