martedì 14 maggio 2019

La Tignosa verdognola (Amanita phalloides)

Subdola ed equivoca, l'Amanita phalloides è la capostipite dei funghi velenosi: la sua ingestione provoca gravi sindromi d'avvelenamento, con esito mortale in alcuni casi. L'Amanita phalloides provoca il decesso anche dopo la sola ingestione di poche decine di grammi.

Ha spiccata capacità di “mimetizzarsi” ed appare molto simile ad altre specie, può ricordare addirittura funghi commestibili appartenenti a generi diversi.

Ma nonostante questo, Amanita phalloides ha delle caratteristiche ben riconoscibili ad un attento esame:

Cappello di colorazioni variabili, con fibrille innate sempre presenti, margine sempre liscio ( mai striato! ) quest'ultima è una caratteristica importantissima nel genere Amanita! Il gambo bulboso, è ricoperto da particolari striature biancastre che ricordano una pelle di serpente e alla base è presente una volva a forma di sacco, ha un anello sul gambo posizionato in alto con tipica forma a gonnellino, lamelle bianchissime e libere al gambo. Odore leggero e anche gradevole nel fungo molto giovane, poi di grasso rancido o di uruna ed infine cadaverico.

All'ingestione provoca grave avvelenamento, chiamata sindrome falloidea

La sindrome falloidea

Tra gli avvelenamenti potenzialmente mortali occupa il primo posto come frequenza, anche se probabilmente non è la più pericolosa. La dose letale per un uomo adulto di peso medio è soltanto di 50 grammi di Amanita phalloides fresca, per un bambino la dose è di appena 20 grammi.

Contengono molte sostanze velenose, ma il danno è imputabile alle amanitine.

   Il primo impatto è con l'apparato gastroenterico, sempre con una latenza non inferiore alle 8 ore, i sintomi sono: senso di pesantezza, nausea, vomito incoercibile, violenti dolori addominali e diarrea coleriforme con scariche frequentissime. Diarrea e vomito non permettono al paziente di reintrodurre i liquidi che si perdono. Fino a qualche anno fa le scarse conoscenze della patologia portavano spesso alla morte del paziente, oggi l'introduzione della reidratazione forzata permette di correggere lo shock ipovolemico ( causato dalla diminuzione acuta della massa sanguigna circolante, causata da da perdita di liquidi ) e l'eliminazione delle amanitine circolanti. La seconda fase è dovuta all'azione tossica dell'amanitina sulle cellule epatiche dove provoca la necrosi cellulare. Si ha anche una disfunzione renale, che generalmente evolve positivamente, ma il danno maggiore è a carico del fegato. In passato il tasso di mortalità era molto elevato tra il 50% e l' 80 % ma con la risoluzione del problema dello shock ipovolemico questa percentuale si è ridotta drasticamente ed oggi si assesta intorno al 7% ( fonte CAV Centro Anti Veleni di Milano ). Vista la gravità la terapia deve essere ospedaliera e iniziata il più precocemente possibile, si attuano diverse tipi di terapie combinate tra loro ( lavanda gastrica, carbone vegetale attivato, assunzione di liquidi per garantire un'adeguata volemia ovvero il volume di sangue circolante nel corpo ) questo combinato di terapia è detta diuresi forzata e si è rivelata la migliore arma terapeutica. Nei casi più gravi può essere necessario il trapianto di fegato.

Ma in casi di ingestione accidentale è di primaria importanza andare al pronto soccorso il prima possibile, le cure immediate sono in grado di scongiurare danni irreparabili.



Enzo Ferri


Maggio 2021


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Amanita phalloides

 



lunedì 28 gennaio 2019

Lentinellus ursinus

Castelli Romani; dicembre 2018; foto di EnzoF

Sinonimi:      
Agaricus ursinus, Lentinus ursinus  

Cresce nei boschi dei Castelli Romani in autunno/inverno


Cappello peloso, tomentoso, lamelle seghettate tipiche del genere, sporata bianca.

Tipica forma a conchiglia, simile ai Crepidotus ma che hanno sporata ocra.

Fruttifica su legno in decomposizione di latifoglia, dall’autunno all’inverno

Current Name:
Lentinellus ursinus ( Fr ) Kuhner

Tassonomia:
Ordine Russulales
Famiglia Auriscalpiaceae

EnzoF
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giovedì 17 gennaio 2019

Pratoni del Vivaro ( Inversione termica )

Castelli Romani, Gennaio 2019; Foto di EnzoF

Vi sono zone in cui il fenemeno dell'inversione termica causa una notevole differenza di temperatura minima. Zone particolarmente esposte a determinate condizioni, difficili da capire per i non addetti ai lavori. Ma cos'è l'inversione termica, a cosa è dovuta? Cerchiamo di dare una risposta semplice, anche perchè noi dello staff non siamo dei meteorologi, ma semplici appassionati e curiosi, e si curiosi di capire le cause di questo fenomeno ben noto .
In meteorologia con il termine inversione termica si indica un particolare fenomeno o condizione del profilo termico verticale dell'atmosfera terrestre caratterizzata da un gradiente termico verticale invertito (ossia positivo) rispetto alla norma (negativo). In essa quindi la temperatura dello strato atmosferico coinvolto aumenta con la quota, anziché diminuire.
Normalmente la temperatura dell'aria diminuisce all'aumentare della quota altimetrica di circa 0,6 gradi ogni 100 metri. 
Questo accade perché l'aria, una volta entrata in contatto col suolo normalmente con temperatura più alta  (perché ad esempio riscaldato dal Sole),tende ad alzarsi di quota. Una volta riscaldata e salita di quota, l'aria, sottoposta a una pressione inferiore, si espande e si raffredda (diminuzione della temperatura con la quota). La temperatura del suolo e quella dell'aria nella sua prossimità sono dunque strettamente legate.
Durante un'inversione termica accade il fenomeno opposto: salendo di quota l'aria risulta più calda. L'intensità del fenomeno può essere anche notevole con la temperatura che aumenta fino a diversi gradi in poche centinaia di metri di quota.
Quali sono le cause, da cosa dipende?
Le inversioni termiche sono più frequenti ed intense durante la stagione fredda, ma ai Pratoni del Vivaro sono ben presenti anche nella stagione estiva, con differenza di temperatura minima veramente notevoli. 
Le cause dipendono da vari fattori: in inverno il poco riscaldamento diurno e la durata breve del giorno non consentono un'adeguato riscaldamento, in caso di neve il fenomeno si accentua ( effetto Albedo ), quindi al calar del sole il suolo si raffredda molto rapidamente, cosa che avviene in misura minore in estate. Tale raffreddamento del suolo fà si che la temperatura sia più bassa al suolo che in alto.
Occorrono determinate condizioni perchè ciò avvenga: cielo completamente sgombro da nubi e totale assenza di vento, che non consente il rimescolamento dell'aria, e non ultimo una particolare conformazione del suolo. 
La splendida vallata dei Pratoni del Vivaro possiede in toto tutte queste caratteristiche. Ambiente pressochè unico in tutti i Castelli Romani. 
Ecco le temperature registrate nella notte del 12 gennaio del 2109, la notte più fredda di questa fase, ma è solo un esempio, ci sono stati casi ancora più eclatanti.
Due stazioni meteo a pochissimi km di distanza e a differenti quote

Rocca di Papa ( Campi d'Annibale ) altezza slm 808              - 4.8

Rocca di Papa ( Pratoni del Vivaro ) altezza slm 528              - 12, 2
EnzoF

sabato 12 gennaio 2019

Pratoni del Vivaro ( Clima )

Castelli Romani, Gennaio 2019; Foto di EnzoF

Sicuramente uno dei posti più belli ed incontamiti del territorio dei Castelli Romani. Vediamo in dettaglio questo posto magico iniziando dal clima, decisamente particolare, e che contribuisce a rendere questa località molto interessante dal punto di vista della biodeversità. 

Clima
La zona dei Pratoni del Vivaro, tra i comuni di Rocca di Papa, Rocca Priora e Velletri, costituisce uno dei più importanti ecosistemi di riferimento microclimatico dei Castelli Romani, e dell'intera Italia centrale. Zona molto umida e poco ventilata è soggetta al fenomeno dell'inversione termica notturna in condizioni anticicloniche. In questo caso tra il dì e la notte possono verificarsi escursioni termiche rilevanti. In inverno, a causa di questo fenomeno, la temperatura notturna può raggiungere molti gradi sotto lo zero. Anche in piena estate in simili condizioni si possono verificare temperature assolutamente incredibili, in alcusi casi vicine allo zero. 
Già nel V secola a.c. la zona deliminitata dall'importante passo dell'Algido, fu un importante crocevia di movimenti. Il toponimo utilizzato in passato fu con molta probabilità coniato per le caratteristiche climatiche particolarmente rigide del luogo. Alcuni storici affermano che vi fosse un piccolo villaggio di nome Algidum, ma altri storici smentiscono categoricamente l'ipotesi, anche in virtù delle citate condizioni climatiche. Quindi le caratteristiche climatiche particolarmente rigide erano ben note sin dai secoli scorsi

12 Gennaio 2019 record di freddo per l'anno in corso, anche se è appena iniziato
EnzoF