venerdì 29 agosto 2025

II “fungo fantasma” di Rocca di Papa. Polyporus corylinus

Polyporus corylinus Mauri

👻II “fungo fantasma” di Rocca di Papa.

Un vero gioiello micologico che pochi hanno avuto la fortuna di incontrare. Nascosto tra le pieghe verdi dei boschi di Rocca di Papa, nei Castelli Romani, esiste un essere così raro e misterioso che persino i cercatori più esperti faticano a trovarlo. Non è un animale esotico né una pianta medicinale: è un fungo. Un fungo “fantasma”. Il suo nome scientifico è Polyporus corylinus, ma per chi lo conosce davvero, è molto di più: è una leggenda micologica che vive nel silenzio degli alberi e nel cuore di pochi testimoni privilegiati.

🌿 Un'apparizione fugace

Questo fungo non si mostra facilmente. Cresce in modo quasi arcano, sbucando solo da ceppi di nocciolo bruciacchiati, seguendo rituali tramandati oralmente da generazioni di carbonai locali. Non basta cercarlo: bisogna evocarlo, conoscerne i ritmi e i capricci. Il suo aspetto è delicato, quasi evanescente. Il cappello è bianco, il profumo è tenue, gradevole, la consistenza è tenera.

Chi lo ha visto lo descrive con un misto di rispetto e stupore, come si parlerebbe di una creatura fatata. Ma il vero prodigio è che esiste ancora, anche se pochi possono dire di averlo davvero incontrato.

🔥 Una tradizione segreta

La sua comparsa è legata a una pratica antica: i carbonai usavano il calore delle carbonaie e la combustione controllata dei ceppi per stimolare la crescita del micelio. Un sapere che non si trova nei libri, ma che vive nella memoria di chi lo ha custodito nel tempo. Una micocoltivazione artigianale che oggi è quasi scomparsa, ma che rappresenta uno degli esempi più affascinanti di interazione tra uomo e natura

📜 Storia e Tradizione

Noto localmente come “Sfocatello del Nocchio” o “Sfogatello del Nocchio”, è un fungo leggendario. La sua presenza è rara e discreta e compare solo in condizioni molto particolari, spesso invisibile agli occhi dei cercatori occasionali.

La sua storia affonda le radici nel Settecento, quando Ernesto Mauri lo descrisse per la prima volta nel 1791. Da allora, è rimasto un segreto ben custodito tra i boscaioli locali, che ne conoscevano l’habitat e le tecniche per stimolarne la crescita. Alcuni ceppi venivano persino sradicati e coltivati in casa, ed i più esperti li riconoscevano grazie al suono particolare che producevano se percossi quando il micelio era attivo all’interno. 

Enzo Ferri

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