venerdì 10 ottobre 2025

Leccinum aurantiacum

 Leccinum aurantiacum (Bull.) Gray                      

(Sinonimi: Boletus aurantiacus, Leccinum rufum)

Tassonomia 

Regno: Fungi
Divisione: Basidiomycota
Classe: Agaricomycetes
Ordine: Boletales
Famiglia: Boletaceae
Genere: Leccinum
Specie: L. aurantiacum

Descrizione

Cappello: 6–20 cm, emisferico poi convesso e infine piano, superficie asciutta o leggermente viscida, di colore rosso-arancio, mattone o bruno-rossastro, con margine eccedente e cuticola feltrata.

Tubuli: lunghi, sottili, crema poi ocra, immutabili. Pori: piccoli, rotondi, biancastri poi crema-grigiastri, infine ocra-ruggine.

Gambo: lungo, cilindrico o fusiforme, bianco con squamette bruno-rossastre, macchiato di verde-bluastro alla base.

Carne: bianca, virante lentamente al grigio, tenera nel cappello, coriacea nel gambo; odore subnullo, sapore acidulo e leggermente dolciastro.

Commestibilità: discreto commestibile dopo una buona cottura, ma solo il cappello; il gambo è coriaceo e indigesto.

Habitat: boschi di latifoglie, in particolare sotto Quercus, Carpinus, Castanea, in estate e autunno.

Note: noto come “Porcinello rosso”, è un fungo slanciato e inconfondibile per il cappello aranciato e le squame scure sul gambo.

 Possibili confusioni Leccinum albostipitatum – cappello arancio vivo, gambo bianco con squame chiare, carne virante al rosa-violaceo, habitat sotto Pioppo. Leccinum versipelle – cappello arancio-bruno, carne virante al viola-nerastro, habitat sotto Betulla. Leccinum vulpinum e Leccinum piceinum – crescono sotto conifere.


Viraggio




Carne: bianca, virante lentamente al grigio

Gambo con squame in rilievo annerenti

Enzo Ferri – I funghi dei Castelli Romani

Le schede micologiche contenute in questa opera sono state redatte dall’autore in forma originale; per la loro realizzazione sono stati consultati testi micologici di riferimento.


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Scheda Aggiornata al: 10 Ottobre 2025

                                                                                                                                                         








venerdì 29 agosto 2025

II “fungo fantasma” di Rocca di Papa. Polyporus corylinus

Polyporus corylinus Mauri

👻II “fungo fantasma” di Rocca di Papa.

Un vero gioiello micologico che pochi hanno avuto la fortuna di incontrare. Nascosto tra le pieghe verdi dei boschi di Rocca di Papa, nei Castelli Romani, esiste un essere così raro e misterioso che persino i cercatori più esperti faticano a trovarlo. Non è un animale esotico né una pianta medicinale: è un fungo. Un fungo “fantasma”. Il suo nome scientifico è Polyporus corylinus, ma per chi lo conosce davvero, è molto di più: è una leggenda micologica che vive nel silenzio degli alberi e nel cuore di pochi testimoni privilegiati.

🌿 Un'apparizione fugace

Questo fungo non si mostra facilmente. Cresce in modo quasi arcano, sbucando solo da ceppi di nocciolo bruciacchiati, seguendo rituali tramandati oralmente da generazioni di carbonai locali. Non basta cercarlo: bisogna evocarlo, conoscerne i ritmi e i capricci. Il suo aspetto è delicato, quasi evanescente. Il cappello è bianco, il profumo è tenue, gradevole, la consistenza è tenera.

Chi lo ha visto lo descrive con un misto di rispetto e stupore, come si parlerebbe di una creatura fatata. Ma il vero prodigio è che esiste ancora, anche se pochi possono dire di averlo davvero incontrato.

🔥 Una tradizione segreta

La sua comparsa è legata a una pratica antica: i carbonai usavano il calore delle carbonaie e la combustione controllata dei ceppi per stimolare la crescita del micelio. Un sapere che non si trova nei libri, ma che vive nella memoria di chi lo ha custodito nel tempo. Una micocoltivazione artigianale che oggi è quasi scomparsa, ma che rappresenta uno degli esempi più affascinanti di interazione tra uomo e natura

📜 Storia e Tradizione

Noto localmente come “Sfocatello del Nocchio” o “Sfogatello del Nocchio”, è un fungo leggendario. La sua presenza è rara e discreta e compare solo in condizioni molto particolari, spesso invisibile agli occhi dei cercatori occasionali.

La sua storia affonda le radici nel Settecento, quando Ernesto Mauri lo descrisse per la prima volta nel 1791. Da allora, è rimasto un segreto ben custodito tra i boscaioli locali, che ne conoscevano l’habitat e le tecniche per stimolarne la crescita. Alcuni ceppi venivano persino sradicati e coltivati in casa, ed i più esperti li riconoscevano grazie al suono particolare che producevano se percossi quando il micelio era attivo all’interno. 

Enzo Ferri

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Polyporus corylinus



lunedì 14 aprile 2025

Morchella semilibera

Mome attuale

Morchella semilibera 

Sinonimi:

Mitrophora semilibera (DC.) Lév.


Sistematica:

Regno Fungi

Divisione Ascomicota

Classe Pezizomycetes

Ordine Pezizales

Famiglia Morchellaceae

Genere Morchella

Specie Morchella semilibera


Morchella semilibera DC. Descrizione: mitra conica, grigio-marrone, con venature nerastre, attaccata al gambo solo a metà. Gambo cilindrico, cavo, biancastro o giallastro, liscio o rugoso. Carne fragile, bianco-ocracea cn odore e sapore poco significativi. Cresce a primavera-inizio estate, lungo corsi d’acqua, suoli sabbiosi, sotto alberi da frutto e frassini. Commestibile ben cotta.

Osservazioni 

Morchella esculenta: ha una mitra più rotonda e completamente attaccata al gambo, con alveoli più ampi e regolari. È considerata una delle più pregiate dal punto di vista gastronomico. Morchella conica: ha mitra più allungata e appuntita, con alveoli più piccoli e irregolari. Verpa bohemica: mitra campanulata e attaccata solo all’apice del gambo, con superficie rugosa. Gyromitra esculenta e relativo gruppo hanno mitra cerebriforme e irregolare, molto diversa dalle Morchelle. I Gyromitra sono tutti tossici.






Enzo Ferri



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Bibliografia

Atlante fotografico dei funghi d’Italia. A.M.B Fondazione Centro Studi Micologici ( Trento)







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