Subdola ed equivoca, l'Amanita phalloides è la capostipite dei funghi velenosi: la sua ingestione provoca gravi sindromi d'avvelenamento, con esito mortale in alcuni casi. L'Amanita phalloides provoca il decesso anche dopo la sola ingestione di poche decine di grammi.
Ha spiccata capacità di “mimetizzarsi” ed appare molto simile ad altre
specie, può ricordare addirittura funghi commestibili appartenenti a generi
diversi.
Ma nonostante questo, Amanita
phalloides ha delle caratteristiche ben riconoscibili ad un attento esame:
Cappello di colorazioni variabili, con fibrille innate sempre presenti,
margine sempre liscio ( mai striato! ) quest'ultima è una caratteristica
importantissima nel genere Amanita! Il gambo bulboso, è ricoperto da
particolari striature biancastre che ricordano una pelle di serpente e alla
base è presente una volva a forma di sacco, ha un anello sul gambo posizionato
in alto con tipica forma a gonnellino, lamelle bianchissime e libere al gambo.
Odore leggero e anche gradevole nel fungo molto giovane, poi di grasso rancido o
di uruna ed infine cadaverico.
All'ingestione provoca grave avvelenamento, chiamata sindrome falloidea
La sindrome falloidea
Tra gli avvelenamenti potenzialmente mortali occupa il primo posto come
frequenza, anche se probabilmente non è la più pericolosa. La dose letale per
un uomo adulto di peso medio è soltanto di 50 grammi di Amanita phalloides fresca,
per un bambino la dose è di appena 20 grammi.
Contengono molte sostanze velenose, ma il danno è imputabile alle amanitine.
Il primo impatto è con l'apparato
gastroenterico, sempre con una latenza non inferiore alle 8 ore, i sintomi
sono: senso di pesantezza, nausea, vomito incoercibile, violenti dolori
addominali e diarrea coleriforme con scariche frequentissime. Diarrea e vomito
non permettono al paziente di reintrodurre i liquidi che si perdono. Fino a
qualche anno fa le scarse conoscenze della patologia portavano spesso alla
morte del paziente, oggi l'introduzione della reidratazione forzata permette di
correggere lo shock ipovolemico ( causato dalla
diminuzione acuta della massa sanguigna circolante, causata da da perdita di
liquidi ) e l'eliminazione delle amanitine circolanti. La seconda
fase è dovuta all'azione tossica dell'amanitina sulle cellule epatiche
dove provoca la necrosi cellulare. Si ha anche una disfunzione renale, che
generalmente evolve positivamente, ma il danno maggiore è a carico del fegato.
In passato il tasso di mortalità era molto elevato tra il 50% e l' 80 % ma con
la risoluzione del problema dello shock ipovolemico questa percentuale si è
ridotta drasticamente ed oggi si assesta intorno al 7% ( fonte CAV Centro Anti
Veleni di Milano ). Vista la gravità la terapia deve essere ospedaliera e
iniziata il più precocemente possibile, si attuano diverse tipi di terapie
combinate tra loro ( lavanda gastrica, carbone vegetale attivato, assunzione di
liquidi per garantire un'adeguata volemia ovvero il volume di sangue circolante
nel corpo ) questo combinato di terapia è detta diuresi forzata e si è
rivelata la migliore arma terapeutica. Nei casi più gravi può essere necessario
il trapianto di fegato.
Ma in casi di ingestione accidentale è di primaria importanza andare al
pronto soccorso il prima possibile, le cure immediate sono in grado di
scongiurare danni irreparabili.
Maggio 2021
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Amanita phalloides |
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