Bianco in tutte le sue parti, l'Amanita
verna è un fungo bellissimo, tanto bello quanto pericoloso. Caratteristica fondamentale
per il riconoscimento sono le lamelle bianche e la volva molto grossa a forma
di sacco e che ricopre una base del gambo bulbosa… ma che se non si sta attenti
e non si estrae con delicatezza rimane interrata al momento della
raccolta. Confondibile con Agaricus
sp, che hanno il colore delle lamelle rosate che diventano presto scure.
Bisogna fare molta attenzione un eventuale errore potrebbe essere fatale.
Cresce nei boschi termofili, più frequentemente sotto latifoglie, ma non
disdegna le conifere. Amanita verna è un fungo velenoso mortale, responsabile
di causare la Sindrome falloidea. Alcuni autori riconoscono Amanita
verna var. decipiens,
caratterizzata da una diversa reazione al KOH (giallo vivo!) che sarebbe la
varietà che si trova nei boschi della provincia di Roma, almeno tutte le prove
eseguite dal sottoscritto sono risultate positive.
Sindrome falloidea
Tra gli avvelenamenti potenzialmente mortali occupa il primo posto come frequenza, anche se probabilmente non è la più pericolosa. La dose letale per un uomo adulto di peso medio è soltanto di 50 grammi di Amanita verna fresca, per un bambino la dose è di appena 20 grammi. Contengono molte sostanze velenose, ma il danno è imputabile alle amanitine.
Il primo impatto è con l'apparato gastroenterico, sempre con una latenza
non inferiore alle 8 ore, i sintomi sono: senso di pesantezza, nausea, vomito
incoercibile, violenti dolori addominali e diarrea coleriforme con scariche
frequentissime. Diarrea e vomito non permettono al paziente di reintrodurre i
liquidi che si perdono. Fino a qualche anno fa le scarse conoscenze della
patologia portavano spesso alla morte del paziente, oggi l'introduzione della
reidratazione forzata permette di correggere lo shock ipovolemico ( causato
dalla diminuzione acuta della massa sanguigna circolante, causata da forte perdita
di liquidi ) e l'eliminazione delle amanitine circolanti. La seconda fase è dovuta
all'azione tossica dell'amanitina sulle
cellule epatiche dove provoca la necrosi cellulare. Si ha anche una disfunzione
renale, che generalmente evolve positivamente, ma il danno maggiore è a carico
del fegato. In passato il tasso di mortalità era molto elevato tra il 50% e l'80
% ma con la risoluzione del problema dello shock ipovolemico questa percentuale
si è ridotta drasticamente ed oggi si assesta intorno al 7% ( fonte CAV Centro
Anti Veleni di Milano ). Vista la gravità la terapia deve essere ospedaliera e
iniziata il più precocemente possibile, si attuano diverse tipi di terapie
combinate tra loro ( lavanda gastrica, carbone vegetale attivato, assunzione di
liquidi per garantire un'adeguata volemia ovvero il volume di sangue circolante
nel corpo ) questo combinato di terapia è detta diuresi forzata e si è rivelata
la migliore arma terapeutica. Nei casi più gravi può essere necessario il
trapianto di fegato.
Enzo
Ferri
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